Le mille e una notte
- Autore: Mary Tibaldi Chiesa
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Hoepli Editore
- Anno di pubblicazione: 2017
Non erano esattamente mille, anzi milleuna, ma certo restavano un buon numero, perchè mille in arabo vuol dire innumerevoli. Ad ogni modo, sono soltanto quindici nel volume “Le mille e una notte”, riproposto da Ulrico Hoepli a maggio 2017 (367 pagine, 24.90 €, acquistabile anche sulla libreria online) e tuttavia si tratta di un’edizione di pregio, perché riproduce esattamente quella curata da Mary Tibaldi Chiesa nel 1952, con i disegni originali di Vsevolode Nicouline.
Un prodotto eccellente quello della letterata, scrittrice per l’infanzia e deputata milanese (1896-1968), che aveva semplificato per un pubblico infantile la prima traduzione completa dall’arabo, allora disponibile solo da qualche anno.
Si tratta di quindici novelle selezionate tra le “innumerevoli” dell’antologia di fiabe orientali più famosa al mondo. La scelta della curatrice ha privilegiato i personaggi più celebri, Aladino e Alì Babà, il ciclo avventuroso del marinaio Sindbad, le storie nella Bagdad del califfo abasside Harun-al-Rashid e quelle di ambientazione persiana e indiana.
Testi e immagini rendono intatte le atmosfere esotiche esaltate dai disegni di Vsevolode Nicouline, russo di Odessa (1890-1968), già ufficiale delle armate dello zar durante la Grande Guerra, poi esule in Turchia e affermatosi come artista in Italia, dove si stabilì a Nervi (Genova) nel 1920. Le illustrazioni delle mille e una notte restano la sua produzione principale. Evocano un Oriente attendibile nei colori e nelle forme, magari non del tutto cucito sui gusti dei giovanissimi, cui era stato destinato il lavoro, ma risultato comunque affascinanti e preziose.
Le scelte offrono una summa dei personaggi che la bella Sceherazad mette in azione nelle storie che racconta al crudele Sciahriar, per scampare ogni sera alla morte cui erano destinate inesorabilmente le spose del vendicativo Sultano. Soprattutto sovrani e principesse, ma anche qualche fata e non pochi maghi, schiave intelligenti e pronte a risolvere problemi, poi pescatori, manovali, gente benestante e tanti poveri in canna, con il contorno di lampade magiche, giare e tappeti volanti.
"Le mille e una notte," opera collettiva di autori sconosciuti, di natura arabo-islamica anche se di probabili origini indo-iraniche, sono arrivate in Europa nei primi del 1700, al seguito dell’orientalista Antoine Galland, di ritorno da uno dei suoi viaggi nel mondo musulmano. Piacquero subito agli intellettuali, che si dedicarono a numerose traduzioni. Prima in italiano quella di Carlo Gozzi, favolista e drammaturgo veneziano.
Regnava un tempo in Persia un potente Sultano. I suoi domìni si estendevano fino alle Indie ed oltre, alla Cina e alla gran terra dei tartari. Era tanto ricco quanto infelice, la prima sposa era morta giovane e questo lo aveva gettato in una cupa malinconia. I medici gli avevano consigliato di prendere una nuova moglie e così aveva fatto, sposando la figlia di un alto ufficiale. Ma la mattina dopo le nozze aveva ordinato al Gran Visir di far decapitare la giovane.
Sposò la figlia di un altro dignitario e ancora una volta il giorno dopo la fece uccidere. Si era innescata una sequenza perversa: da solo si incupiva, per sollevarsi decideva di sposarsi, non contento faceva giustiziare la sposa.
Il Visir aveva due figlie ed una, Sceherazad, tanto bella quanto intelligente e tenace, propose di andare in sposa a Sciahriar, perché aveva un piano per far cessare quella strage di giovanette. Aveva scoperto che la prima moglie del sovrano aveva un volto bellissimo, ma un cuore nero e si era macchiata di una colpa orribile, tanto che il marito l’aveva punita, uccidendola con le sue mani.
Questo lo aveva sconvolto, al punto da fargli odiare tutte le donne e quando cercava consolazione in un nuovo matrimonio, l’odio riaffiorava, la sposa era perduta e la malinconia tornava, in un ciclo senza fine di vendetta, morte e rimorso. Quello che occorre fare, per Sceherazad è addolcire il re, ricondurlo alla ragione e restituirgli la gioia di vivere.
Dopo le nozze, da nuova moglie chiede al marito la grazia di poter raccontare anche quella sera alla sorella una novella per conciliarle il sonno, come aveva l’abitudine di fare. Sciahriar acconsente e resta ad ascoltare. Il racconto avvincente si protrae fino a mattina e Sceherazad suggerisce di rinviare a sera la continuazione. Curioso di conoscere la fine del racconto, il re accetta.
Finita una storia, la fanciulla ne avvia subito un’altra e così per mille e una notte. Alla fine Schiariar è guarito e dà ordine di copiare le novelle della sua buona e graziosa moglie in caratteri preziosi in un libro d’oro. Quella di Sceherazad è la prima di mille e una favole di sogno.
La curatrice, Mary Tibaldi Chiesa, spiega di aver seguito nella stesura di questa riduzione il criterio di scegliere le novelle più belle, sveltirle il più possibile e sfrondarle del sovraccarico di particolari superflui, ripetizioni e lungaggini che appesantivano la versione originale. Sono stati inoltre eliminati i passaggi erotici scabrosi e semplificati quelli in cui si indulge al macabro.
Lo stesso primo “rifacitore”, Galland, aveva operato in questo senso, convinto che l’insieme non sarebbe stato danneggiato, ne sarebbe anzi uscito migliorato.
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