Giannina
- Autore: Peppe Bettoliere
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Elliot
- Anno di pubblicazione: 2017
“Giannina” (Elliot, 2017) è il nuovo romanzo di Peppe Bettoliere, 0nato a Napoli nel 1967 e residente a Latina, dove insegna materie letterarie in un liceo artistico, dopo aver lavorato come educatore di strada presso l’Associazione Quartieri spagnoli.
“Giannina nacque in un giorno senza sole, sebbene si fosse ancora ad agosto. Il sole in realtà quel giorno c’era, mancava però in casa e la sua nascita vi pose rimedio solo in parte”.
Meno di un mese prima che venisse al mondo, il 24 agosto 1924, il padre di Giannina era stato ucciso con una fucilata alle spalle mentre pascolava i cavalli sopra Capodimonte. Il movente, si stabilì, era da cercarsi nella rivalità che esisteva tra gli allevatori. Giannina era dunque cresciuta in un basso napoletano insieme alla madre Ciarella, che lavorava presso una “fabbrichetta” di materassi, e alla nonna Donna Assunta, “a Capera”, una donna dal carattere non facile. La vita non era semplice in quei vicoli bui, dove il sole si scorgeva a tratti, Giannina agognava la domenica quando di un bel piatto di maccheroni al ragù con in cima un bel pezzo di carne fumante, aspirava il magico odore. Infatti il profumo di questa nota pietanza la domenica mattina si diffondeva dalle finestre delle case dei signori e, gira e gira, invadeva le vie intorno, dove il passante poteva gustarselo con dovizia e a sazietà. Giannina una volta sicura che nessuno osservava la scena, si sollevava sulle punte e cominciava ad annusare l’aria con la maestria che le veniva da anni di fame nera, tanti quanta l’età che aveva. Giannina era golosa, c’era poco da fare, ma era una golosità atavica, assolutamente da giustificare. Quella golosità che appena sveglia la faceva pensare al panino con la fettina di mortadella che dopo poco avrebbe mangiato,
“una rosetta rotonda e profumata come Dio solo sa”.
Era quella rosetta il regalo che il parroco dopo la messa faceva a tutti i bambini che avevano fatto la comunione in completo digiuno. Giannina però era un’adolescente che possedeva un grande senso di responsabilità, che le vicissitudini avevano fatto sorgere in lei molto prima che nei suoi coetanei. La mattina presto l’odore del caffè tostato nel basso del cuore di Napoli, dove viveva Giannina, seguiva un’insolita direzione: anziché salire, calava dall’alto ed entrava nelle case attraverso le finestre, anche attraverso quelle strette dei “terranei”, se c’erano. Il miracolo era dovuto alla piccola torrefazione quasi adiacente, piccolo sollievo olfattivo per i poveri abitanti martoriati. Alle otto del mattino, quando Giannina due volte a settimana andava ad aiutare i due proprietari per qualche soldo e un sacchetto di caffè macinato, ed erano trascorse per la ragazzina già due ore di lavoro, passava Andrea. Quest’ultimo era il figlio dell’avvocato Grisanti, che abitava dall’altra parte di via Carbonara, in uno dei pochi palazzi signorili della zona.
“Quando Andrea si presentava davanti, lei si girava e sforzandosi di nascondere la sua emozione esclamava: Embè. Mo che tiene ’a dicere?”.
Nel romanzo dedicato “A mio padre e a mia madre”, Peppe Bettoliere porta in scena un vivido e veritiero affresco di una “Napoli milionaria” dove, al pari di molte commedie di Eduardo De Filippo, si apre su un palcoscenico quasi completamente al buio. E dal buio nasce la vita della commedia umana fatta di personaggi indimenticabili, che conoscono bene l’arte di arrangiarsi e la dura lotta per la sopravvivenza.
“Giannì, vamme accattà dieci spingule francese dalla zarellara. Giannì… Giannnììì… ”.
Perfetta la ricostruzione storica degli eventi, ci riferiamo alle pagine relative ai bombardamenti aerei alleati subiti dalla popolazione della città partenopea durante la II Guerra Mondiale, al cui centro vi è la storia di un triangolo amoroso. Ma sarà Giannina a scegliere il proprio futuro, lasciando quel mare che non bagna Napoli mentre
“il sole tramontava dietro la collina del Vomero”.
Giannina
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